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A Puerto Eden il relitto del Leonidas

4 March 2007 ore 18:00

Posizione: 49°07',8S - 074°25',60W. Puerto Eden. All'ancora. Ore 17:00 LT.
Vento da Ovest a 15 nodi. Pressione 1009,3 Mb, stabile, copertura del cielo 8/8. Pioggia. Continua il freddo.


La giornata é abbastanza calma, in comparazione a quelle precedenti. Navighiamo verso sud spinti dal vento fresco del nord. Ogni tanto uno scroscio di pioggia. Poi, dopo un paio di ore, il cielo si apre parzialmente e ci permette di ammirare uno splendido relitto: sfiliamo di fianco alla nave Capitan Leonidas, di bandiera greca, che si arenò proprio al centro del canale su uno scoglio affiorante. Le voci dicono che il comandante lo fece di proposito dopo che l'armatore aveva sottoscritto un aumento del premio dell'assicurazione. Ora giace intatta, sebbene arrugginita, e i gabbiani la usano come casa. I cileni le hanno sistemato un fanale sulla torretta di prua, che con la sua luce indica alle altre navi il pericolo. E' un forte richiamo per tutti noi. Fredda, rugginosa, con gli oblò ormai esplosi dal gelido vento invernale, sembra però ancora navigare verso nord a causa del flusso della corrente discendente che le crea una piccola onda di prua. Solo una leggera inclinazione rende la sua posizione improbabile e da questa nave fantasma ci si aspetta in ogni istante, guardandola, che gli spettri dei marinai che hanno perso la vita in queste acque escano in coperta per reclamare la tranquillità.

 

Ci allontaniamo dal relitto in silenzio. Affascinati e consci che in ogni momento, per imperizia, per sfortuna, per una causa imprevedibile anche a noi potrebbe succedere la stessa cosa. I ragazzi dell'equipaggio mettono ancora più attenzione, istintivamente, alla navigazione. Un'ora dopo entriamo in quella che si chiama "Angostura Inglesa" o "English Narrows" come la battezzò Fitz Roy durante il suo passaggio in questa zona.

Scoprì lui questo stretto e pericoloso canale che unisce i canali del nord con i canali del sud della Patagonia cilena. Fino a quel momento le navi dovevano uscire in oceano aperto per attraversare questo intricato labirinto di isole ricche di fiordi senza sbocco e unire le rotte atlantiche alle città della costa pacifica: Valparaiso, Callao, Guayaquil... Decine e decine di navi cercarono il passaggio, infilandosi in lunghi canali che spesso si tramutarono nella tomba del loro naufragio. La natura ha voluto fortunatamente creare questa "passe" che taglia le montagne perpendicolarmente. Grazie alla natura! Poche decine di metri di larghezza per una ventina di profondità. Non riesco a credere che possano passare di qui navi di oltre 100 metri di lunghezza. I piloti che le accompagnano devono essere dei gran marinai.

 

Due ore dopo, verso le 16:00, siamo fuori dal pericolo. Il passaggio ha necessitato estrema attenzione, anche a causa della forte corrente di oltre 6 nodi che spingeva Adriatica verso i bassi fondi laterali, ma é stato spettacolare! Poco dopo avvisiano Puerto Eden Radio che stiamo per ancorare di fronte al villaggio, al centro della piccola baia. Puerto Eden. Quanto di più lontano ci possa essere dalla nostra raffigurazione dell'eden.

Ma forse, per i cacciatori di balene e di leoni marini, per i pescatori, per i naviganti dei secoli scorsi, questa rada così protetta, ricca di verde, di fiori di campo e di corsi d'acqua, con delle praterie e dei pianori dopo le centinaia di miglia tra sponde scoscese e ghiacciai che scendono fino al mare, é dovuto sembrare un vero paradiso. Il villaggio, ancora oggi solitaria tappa tra Chiloé e Puerto Natales, distanti entrambi almento 400 chilometri e accessibili solo via mare, é raggiunto dalla nave di collegamento ogni 7/10 giorni. Quando va bene. I 176 abitanti ricevono approvvigionamento solo quando é possibile. Nel suolo impregnato di acqua non si può piantare quasi nulla. Le case sono su palafitta e non esistono strade, ma un solo camminamento di assi di legno di oltre 3 chilometri appoggiate su piloni di legno piantate nella torba e nel muschio.

 

Un villaggio solitario ma degno. Con la scuola, la biblioteca, internet gratuito per i pochi turisti naviganti. Una sola osteria che affitta anche delle camere con il bagno in comune con i proprietari. Un piccolo cantiere che ripara barche in legno. La base della marina Cilena, impeccabilmente organizzata. Una chiesetta e dei sentieri di trekking ottimamente segnalati con cartelli esplicativi, frecce di direzione, nomi che indicano le piante endemiche, delle tettoie per ripararsi dai frequenti scrosci di pioggia. Tutto su palafitte. Il suolo é impraticabile. Scendiamo a terra. La nostra cambusa é quasi vuota e svaligiamo letteralmente i tre negozietti del villaggio. Ci vendono praticamente tutto ciò che hanno.

Passeggiamo il lungo e in largo, dividendoci in piccoli gruppi. Parliamo con la gente. Alcuni sono gli ultimi eredi (un po' misti, ormai) degli indiani Kaweskar, gli stessi che Darwin incontrò e trattò da selvaggi. Un'altra epoca, é certo! La proprietaria della trattoria ci serve un'ottima cena di carne: che voglia ne avevamo! Poi ci mostra un quaderno con le dediche e le foto delle barche a vela che sono passate da Puerto Eden negli ultimi 20 anni. Quasi tutte sono passate a cena da lei! Ne riconosco alcune conosciute francesi, inglesi, svizzere, statounitensi. Un paio italiane, anche.

Poi ci vende degli oggetti fatti da lei intagliando il legno nelle lunghe giornate invernali.

Le chiedo se il tempo ogni tanto migliora, se esce il sole e smette di piovere. "Ogni tanto...", mi dice... "Sì, ogni tanto smette..."

 

Filippo Mennuni

Skipper di Adriatica

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