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Allontaniamoci dall'influenza dei Tiki

29 June 2002 ore 20:00

Stamattina siamo partiti da Fatu Hiva, verso Hiva Oa. L’ultima cosa che è accaduta non è piacevole: è saltato il computer di bordo, quello attaccato al GPS, con le carte e le rotte. C’è stato un attimo di panico. Soprattutto Riondino ha chiesto subito: “Ma come, andiamo al buio? Andiamo a caso?” Tanto che il capitano stava quasi per offendersi (è pur sempre sardo).

Allora il Capitano ha dato la colpa a me, dicendo che la sera prima avevo stampato sul computer di bordo da un dischetto generato dal mio computer personale: ha insinuato che il mio avesse infettato il suo. E io stavo per offendermi (sono pur sempre di origine bassa-padana).

Per fortuna l’Ammiraglio Vanni si intende di computer più di tutti, in barca. Per prima cosa ha smontato il computerone e ha cominciato a trafficare. Poi ha preso il computer di riserva del montaggio e ha trasferito lì il programma di navigazione. Nel frattempo, però, quasi miracolosamente, il computerone ha ripreso a funzionare, così adesso abbiamo due computer che vanno, al posto di uno. Nessuno mi toglie dalla testa che la colpa fosse dei Tiki di Fatu Hiva, i famosi falli della Baia delle Verghe… Prima il vento, poi l’ancora, poi i fili del motore, quindi i computer… Fatto sta che, una volta usciti dalla loro sfera di influenza, tutto è passato. E, in circa 4-5 ore, abbiamo fatto le 40 miglia che ci separano da Hiva Oa, dove siamo arrivati al tramonto.

Abbiamo ormeggiato nella Baia di Atuona. Non è un granchè come ormeggio, molto esposta a sud, poco fondo (almeno per noi) e impossibilità di ormeggiare in banchina. Abbiamo messo anche l’ancora di poppa, per non fare la ruota e distruggere qualche altra barca. Ci ha accolto François, un italo-franco-giramondo che è arrivato dalla traversata da poco con una bella barca, sulla quale c’era anche un nostro amico, Roberto Zavagno, dell’Antal, che ci aveva tenuti aggiornati sulle difficoltà del vento. Marco, ormai, è conosciuto da un sacco di barche perché tra Colon, Panamà e le Galapagos si è fatto un sacco di amici, perlopiù persone a cui ha aggiustato un motore o un generatore oppure li ha svegliati intanto che andavano alla deriva perché le loro ancore avevano mollato. Per questo io lo chiamo, da anni, il Buon Samarinaio. Tra i suoi amici spicca una coppia di tedeschi di mezza età, che sono in giro da 6 anni con una barca di alluminio di 14 metri.


Patrizio

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