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Delfini, arte e storia. Intensa Tortola

7 March 2002 ore 20:00

Sempre scampoli di vita vissuta dall’equipaggio di Adriatica a Tortola, nelle Isole Vergini. Dimenticavo di raccontarvi l’incontro con una barca blu, piena di scritte sul salvataggio dei cetacei, e sui delfini. A bordo ci stanno Enrica Fornero e Marco Mayer, lei di Torino e lui di Milano.

L’organizzazione per cui lavorano si chiama Delphinia Sea Conservation. Curano un censimento dei cetacei, li studiano, fanno una mappatura delle loro abitudini, organizzano iniziative didattiche con i bambini e, soprattutto, cercano di combattere la tendenza dei vari Stati Caraibici a schierarsi con i Giapponesi, a favore della caccia alle balene. 

Ci hanno accolto con simpatia sulla loro bella barca, sulla quale abitano. E ci hanno fatto vedere un sacco di filmati stupefacenti sulle balene. Alcune specie rischiano l’estinzione, decimate dall’inquinamento, dalle collisioni con grosse navi e anche dalla pesca. 

 

Poi Federica, l’amica italiana che abita a Tortola, ci ha portato nel laboratorio artistico suo e di suo marito Aragon. Davanti, sulla spiaggia, c’è una grossa e strana barcona, praticamente una canoa, che si chiama Gli Gli. Gli Gli vuol dire rapace, aquila, in lingua Caribe.

Federica ci ha raccontato l’avventura promossa da Aragon e da un altro suo amico artista, di razza Caribe: hanno ricostruito con l’aiuto di alcuni vecchi maestri d’ascia locali una imbarcazione uguale a quelle che hanno usato i Caribi, 2 o 300 ani fa, per arrivare nei Carabi dall’America del Sud. Infatti, questo antico popolo indomabile prese le mosse dalle foci dell’Orinoco e raggiunse queste isole, dove abitavano gli Arawak, di cui ebbero ben presto ragione e coi quali si mischiarono. I conquistatori europei (spagnoli in particolare) non riuscirono mai ad assoggettare i Caribi, riuscirono solo a massacrarli.

 

Eppure,ancora oggi, esistono ancora alcune migliaia di discendenti degli antici Caribi, soprattutto a Dominica. Aragon ha organizzato la spedizione di Gli Gli per andarli a visitare e conoscere, per coinvolgerli, per raccoglierli attorno ad un simbolo. E, con questa canoa tradizionale che pesa tre tonnellate e sarà lunga una decina di metri, ha visitato tutte le isole, fino alle Granadine, poi è sceso giù fino alla foce dell’Orinoco, facendo praticamente il viaggio degli antichi conquistatori Caribi al contrario. Un’impresa piena di significati artistici, etnologici, storici e linguistici. Una sorta di Kon Tiki dei Caraibi. Un pellegrinaggio in onore delle identità, proprio in epoca di globalizzazione.

 

Alla sera, assieme a Federica, siamo andati all’aereoporto a prendere Aragon, che tornava appunto da Dominica, dove era andato a cercare un albero con cui fare una nuova canoa caribe. E’ come me l’immaginavo: un inglese biondo, faccia da matto in senso buono, molto simpatico, tipo affascinante. Mi ha fatto piacere conoscerlo, prima di ripartire da Tortola.

Tortola è stata una sosta molto interessante, molto densa, soprattutto grazie a Federica e agli spunti che ci ha regalato. Ne caveremo almeno tre o quattro puntatine da 5’ (lo dico per i filologico-puristi, che incrociano le informazioni del diario di viaggio qui sul sito con le puntate giornaliere su Rai3, ai quali ho già spiegato che se questo diario ha, a volte, un ritardo di qualche decina di ore sui fatti, le puntate televisive ne hanno almeno il doppio, per ovvi motivi tecnici).

 

Patrizio

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