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Patrizio e il gergo marinaresco

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Dizionario marinaresco: A e B

Un sito per appassionati di vela. Ma come si fa a non appassionarsi alla vela? Chi non è stato in barca la sogna, la pregusta, e quando finalmente si leva lo sfizio si chiede perché diamine abbia aspettato così a lungo. Gli spazi immensi, il silenzio, il dondolio, il richiamo dell'acqua... sono archetipi universali, ben lungi dal poter essere limitati a una categoria di appassionati. Facile innamorarsi, dunque, ma difficile capirci qualcosa! Quando i membri dell'equipaggio parlano fra loro pare che stiano improvvisando un nuovo esperanto, anzi: la sensazione è che se la godano un mucchio a parlare difficile; anche se in fondo la “cima” è una corda e il “bugliolo” un volgarissimo secchio! E allora perché in mare tutto deve avere un nome diverso?

 

La confusione che i marinai possono tentare di crearvi si avvale sostanzialmente di tre distinte strategie:

1) Strategia del Bugliolo: cambiare il nome a un oggetto di uso quotidiano.

2) Strategia del Caricabasso: alla creazione di una parola nuova si associano due distinti significati.

3) Strategia del Candeliere: a una parola nota si associa un oggetto inconsueto.

 

Come se non bastasse, il velista-per-caso avrà certo notato come al penoso tentativo di sopperire al proprio analfabetismo con inventiva e buonsenso ("E' questa la fune che devo tirare?"), corrisponda puntualmente il più pieno disprezzo dell'equipaggio. Da qui l'idea di redarre un glossario che possa gettare luce su un mondo familiare agli occhi ma ignoto all'orecchio, per sentirci tutti un po' più velisti, o perlomeno un po' meno ignoranti. Anche perché in realtà, molte delle espressioni che usiamo correntemente a terra (e di cui magari ci siamo sempre chiesti l'origine) sono nate in mare. E il motivo è semplice: quale metafora più diretta della vita se non una bella e troppo breve traversata?

 

Lettera A

 

Abbrivio: ecco il primo esempio. Avete mai sentito l'espressione “andare all'abbrivio”? L'abbrivio altro non è che l'andatura per inerzia di un'imbarcazione una volta esaurito il vento o spento il motore. Forse Orietta Berti non lo sa, ma è proprio l'abbrivio ad aver fatto la sua fortuna consentendole di non remare per un bel po' di anni. Finché la barca andava, ovvio.

 

Adugliare: avvolgere una cima a spirale. D'altronde se anziché avvolgerla a spirale la gettate a mucchio sul ponte il Capitano vi getterà fuoribordo (cfr. "Allibare"); quindi si può tranquillamente dire che adugliare è l'unico modo per avvolgere una cima.

 

Agugliotto: di agugliotti non parlerete spesso, nella vostra vita. E' un perno; per la precisione è il maschio di un perno che aggancia saldamente il timone e che gli consente di ruotare nella femminella.

 

Alare: dopo essere stato un sostantivo a terra (un arnese da camino su cui appoggiare i ceppi) e aggettivo per aria (= dell'ala), in barca a vela “alare” si fa verbo (il cui sostantivo è alaggio) e indica l'azione di tirare una cima o un cavo verticalmente e verso l'alto. Chi indovina il verbo relativo alla trazione verso il basso? La soluzione qualche voce più giù.

 

Albero: beh, almeno questa la sappiamo tutti. L'albero è quel grosso palo senza il quale si potrebbe giocare a calcetto in coperta. Si chiama così perché un tempo era poco più che un faggio liberato dei rami superflui. Oggi lo si può trovare in alluminio o altri materiali a patto che siano leggeri e resistenti, perché compito dell'albero è sostenere le vele, permetterne la manovra, reggerne l'impatto col vento e alloggiare chi volesse accucciarvisi in cima a far da vedetta.

Siccome così è troppo facile, ce ne sono di tre tipi:

- Albero di maestra: di norma il più grande. Situato a poppa nelle navi a due alberi, al centro ma leggermente a poppavia in quelle a tre. E' l'albero cui miravano i pirati a cannoni spianati: senza albero di maestra (o semplicemente “maestro”) un veliero si riduce a una pesantissima chiatta facile da abbordare.

- Albero di mezzana: quest'albero è più piccolo e sta a poppa nelle navi a due o tre alberi. Potete chiamarlo anche “Palo”, ma solo se non ospita vele quadre (l'avevamo detto in apertura: i marinai se la godono, a complicare le cose)

- Albero di trinchetto: albero di prua nei velieri a due alberi.

 

Alla fonda: non è un modo per dire “alla fin fine”, e neanche una ricetta per riciclare gli avanzi del frigo. Quando l'ancora tocca il fondale marino, la nave è “alla fonda”, tutto qui.

 

Allibare: alleggerire la barca del suo carico gettandolo definitivamente a mare. Necessità che può presentarsi nei casi in cui la linea di galleggiamento si alzi pericolosamente, o quando un membro dell'equipaggio non dia prova di zelo nell'eseguire gli ordini: “Che fine ha fatto Smith?”, “Il Capitano l'ha allibato...”; scambi come questi sono del tutto ordinari a bordo.

 

Amantiglio: se lo chiedete a un marinaio vi risponderà che l'amantiglio è la cima che regge il boma quando la randa non è armata. In realtà non è che una corda che blocca quel pericolosissimo palo orizzontale che altrimenti ruoterebbe ad altezza cranio nel bel mezzo del ponte quando la sua vela non è su. Quindi l'amantiglio è moolto importante.

 

Ammainare: far muovere verso il basso; di solito una vela, una bandiera o un carico sospeso. “Ammainare la vela” è anche un'altra di quelle espressioni entrate nel linguaggio comune (sinonimo di “appendere al chiodo”) e chissà perché sempre velata di malinconia.

 

Ancora: anche questa la sappiamo. Si cala sul fondo tramite una cima o una catena con verricello a motore, a seconda del peso. E a seconda del tipo di fondale varia la conformazione dell'ancora per assicurare la miglior presa possibile: se volete fare i fanatici chiamerete dunfort l'ancora per fondale sabbioso e CQR l'ancora per fondale misto.

 

Antenna: asta usata per l'armo di vele latine (che per intenderci sono quelle triangolari tipiche delle barche da pesca). L'antenna va montata sull'albero in posizione inclinata verso poppa.

 

Andatura: la direzione che la barca tiene rispetto alla direzione del vento.

 

Arenare, arenarsi: accade a una nave che rimanga incagliata sul fondale (la “rena” è la sabbia). Arenarsi è il più delle volte una disgrazia, ma a volte è una manovra d'emergenza perseguita come il male minore nei casi in cui si stia perdendo il controllo dell'imbarcazione. Tuttavia arenarsi non è quasi mai lusinghiero, tant'è che nel linguaggio comune è sinonimo di empasse momentanea.

 

Arridatoio: è un “tenditore”, ovvero un attrezzo per regolare la tensione delle manovre. Quello a doppia vite è il più diffuso, e viene confidenzialmente chiamato “tornichetto”.

 

Armo: l'insieme dell'equipaggiamento necessario alla navigazione e che determina il tipo di imbarcazione e le sue potenzialità. L'enunciazione dell'armo è una sfiziosissima concatenazione di suoni incomprensibili ai più, e non ha nessun effetto contro il mal di mare.

 

Lettera B

 

Ballast: zavorra atta a bilanciare i pesi della barca per garantire il miglior assetto possibile in navigazione. Ne esiste una costosissima versione ad acqua (chiamata appunto Water Ballast) che tramite l'ausilio di una pompa idraulica può infiltrare capillarmente pesi in ogni direzione possibile all'interno dello scafo delle imbarcazioni da regata. Water o non water, se una persona vi dice che siete un ballast è tempo di cambiare aria.

 

Balumina: è quel lato di una vela di taglio libero da inferitura (non intrappolato in una “guida” o da una scotta) e compreso fra l'angolo superiore e quello inferiore, ovvero il “bordo di uscita” del vento. Sulla sua barca a vela, Pitagora lo chiamava ipotenusa.

 

Baglio: letteralmente è la struttura su cui poggia la coperta, ma per estensione indica la larghezza dell'imbarcazione, quindi il baglio massimo è il massimo ingombro di una barca a vela.

 

Barra: asta mediante cui si governa il timone.

 

Beccheggio: movimento oscillante dell'imbarcazione lungo l'asse longitudinale. Evento non raro, è anche il momento più propizio per affacciarsi a poppa e liberare lo stomaco in mare.

 

Bolina: andatura che mantenga un'angolazione tra i 40 e i 90 gradi rispetto alla direzione del vento che si sta risalendo.

 

Bitta: colonnina di ferro brunito a forma di fungo asimmetrico posta sulle banchine dei moli, attorno a cui avvolgere i cavi d'ormeggio. Finito? No: sulle imbarcazioni le bitte sono più propriamente indicate come “gallocce”.

 

Boma: trave in alluminio, legno o fibra di carbonio, il boma sostiene la randa ed è fissato ortogonalmente all'albero tramite un perno detto “trozza” che gli accorda libertà di movimento attorno all'asse verticale. In Veneto lo chiamano amichevolmente “descanta baùchi” (lo “sveglia-tonti”) per la sua peculiarità di scaraventare a mare i distratti che transitano nel suo raggio d'azione.

 

Bompresso: antenna elastica e robusta posta a sporgere orizzontalmente dalla prua della barca col compito di murare vele come il “Gennaker”.

 

Bonaccia: stato di totale assenza di vento in navigazione, la bonaccia è come la grandine per il contadino, anche se come espressione comune ha un'accezione positiva rimandando alla pace dello spirito o a un benevolo periodo di tranquillità.

 

Bordeggio: continuo cambiamento di direzione attuato per risalire il vento. Come conseguenza, il “bordo” è un tratto di navigazione percorso mantenendo le stesse mura al vento. Arte marittima antica e complessa, il bordeggio viene praticato anche a Montecitorio.

 

Borosa: cima collegata alla randa per ridurne la superficie esposta al vento quando questo si fa troppo incalzante.

 

Bracciare: orientare i pennoni delle vele a seconda del vento (il “braccio” è il cavo che regola il pennone), con un movimento angolare orizzontale. Troppo generico? Eccovi un bell'esempio: aprire il tangone cazzando il braccio e mollando il caricabasso. E adesso forza: bracciate.

 

Bugliolo: secchio. E allora non si poteva chiamarlo secchio? No.

 

Bugna: l'angolo inferiore posteriore di una vela in cui inferire le manovre (= cui agganciare le scotte) per orientarla.

 

Bulbo: tipo di zavorra molto più elementare del “ballast”, il bulbo è un grosso contrappeso a forma di siluro che può essere fissato alla parte immersa dello scafo al fine di contrastare le sollecitazioni e la spinta sbandante del vento sulle vele.

 

Burrasca: è un termine che avrete usato spesso, ma senz'altro a sproposito. Per burrasca si intende una condizione climatica in cui il vento raggiunga i 34-40 nodi (forza 8 della scala Beaufort) con onde moderatamente alte che si rompono sulla cresta originando spruzzi vorticosi. Se per esempio gli spruzzi non vorticano si tratta di semplice perturbazione. Alla burrasca si accompagna spesso un'acuta nostalgia per quei noiosi pomeriggi domenicali scanditi dallo zapping sul divano.

 

 

Emiliano Frignani

Redazione Velistipercaso.it

Commenti

Chiaro, simpatico e umoristico.

inserito da Alberto il 16/04/2012 alle 14:26

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