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Ma dov'è questa Tortuga?

18 March 2002 ore 20:00

All’alba Marco si è alzato ed è andato a fare il giro del Caio Caballones alla ricerca della Tortuga, il ristorante-albergo galleggiante gestito da un italiano che dovrebbe essere da queste parti ma che ieri sera non abbiamo trovato. E’ tornato dopo due ore, quasi a secco di benzina del fuoribordo del gommone, a mani vuote. Stavamo quasi per rassegnarci e ripartire, scornati.

 

Poi io ho telefonato col satellitare a Orso, in Italia. Infatti per noi telefonare a Cuba (credo per problemi imputabili all’embargo statunitense che disturba anche le frequenze satellitari) è molto complicato. Orso si è messo in moto, come al solito, e dopo una decina di minuti ci ha dato notizie: “Confermo: la Tortuga esiste, tenete duro e cercate meglio”. Poi, non so come, tramite l’Avana ha triangolato con la famosa Tortuga, con cui finalmente abbiamo instaurato un contatto radio diretto: morale della favola non sta sul Caio Caballones, bensì di fronte al Canale Caballones! Ci sono alcune miglia di differenza…

 

Ad un certo punto ci è venuto incontro Nathal (Natale), un subacqueo cubano, col suo fuoribordo, e ha guidato Adriatica fino all’ancoraggio, di fronte ad un altro Caio. La Tortuga esiste, eccome, e merita di essere vista! Si tratta di un grande battello di ferro a tre piani, come quelli che anticamente solcavano il Mississipi, più o meno. Al primo piano ci sono i servizi, la cucina, il ristorante, le bombole per i subacquei. Poi, al secondo, le cabine, che sono vere e proprie camere. Quindi un sorta di terrazza.

Tutto colorato, appena lo vedi non ci credi! Attorno alla Tortuga, ancorate, altre chiatte e barche, dove vivono le guide che portano gli ospiti in giro per i cajos, a pescare o a fare immersioni nei fondali corallini, e poi i generatori, le riserve di acqua ecc.

Effettivamente ha qualcosa del covo nascosto, della Tortuga, appunto. Pepe (Giuseppe), l’italiano che lo gestisce, è stato cordialissimo e per prima cosa ci ha fatto accompagnare da Natale sulla sua barca in giro per le isolette.

 

Natale (un bravissimo subacqueo, che dopo aver accompagnato i redattori del Nathional Geografic è diventato una celebrità) ci ha portato subito fuori dalla barriera corallina, dove l’acqua da pochi centimetri diventa profonda una trentina di metri, prima di precipitare a profondità molto maggiori, subito davanti al canale che separa due isole. Il posto migliore per trovare pesci, il posto in cui amano stare in agguato i pescecani.

E infatti sono arrivati tre, sei, venti squali! Alcuni erano lunghi anche più di due metri, della specie chiamata squali-seta. E Natale… si è buttato in acqua! Ha cominciato a giocare con gli squali. Li prendeva per la coda, li rovesciava sul dorso e poi li accarezzava sulla pancia! Bestioni di due metri. Marco Covre, naturalmente, ha voluto farlo anche lui… Effettivamente è stato in acqua una decina di minuti, con altissimo e sardissimo sprezzo del pericolo.

Poi, quando uno squalo di due metri e mezzo lo ha sfiorato, ha fatto un salto degno di un delfino-balena ed è saltato sul gommone…

Natale ci ha spiegato che, dopo anni in cui pian piano la sua distanza dagli squali calava, ha scoperto che poteva permettersi queste confidenze senza troppi rischi. Gli squali, quando non mangiano e quando non sentono l’odore del sangue, non sono pericolosi. Almeno questa specie. Con lo squalo-tigre o lo squalo martello sarebbe un’altra cosa.

Dopo essere risalito ci ha mostrato quando lo squalo diventa assassino: ha buttato del pesce in acqua e immediatamente si è scatenato un inferno di mascelle, di code sbattute. In queste condizioni uno squalo non ci mette molto a troncarti un braccio, perso nel suo delirio sanguinario…

Alla sera io sono rimasto con Zoe su Adriatica, mentre gli altri hanno accettato l’invito a cena di Pepe-Giuseppe della Tortuga. Pare che abbiano mangiato benissimo: pesce, spaghetti, pizza ecc ecc.

Non male la Tortuga…

 

Patrizio

 

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