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Ma quanto è lontano il Brasile?

26 March 2007 ore 18:00

Posizione: 54°48',3S - 064°22',10W. Isla de Los Estados. Puerto Parry. Ore 07:30 LT.
Vento da Sud-Ovest 30 nodi. Pressione 988,3 Mb, stazionaria bassa, pioggia intensa e raffiche di vento.


Non c'é proprio verso di stare tranquilli in questa zona del mondo. Alle 17 ho deciso di dare una seconda ancora per sicurezza, orientata a sud, per proteggerci dalle eventuali raffiche del sud-ovest che stava entrando. Era un momento di calma. L'acqua si era appiattita nella piccola rada di Puerto Hoppner che ci ha ospitato per la notte. Qualcosa mi diceva che non eravamo in una buona posizione con vento forte dal 3 quadrante (*), ma il portolano invece la dava come la miglior cala dell'Isola degli Stati. Non facciamo in tempo a terminare la manovra che una raffica superiore a 30 nodi colpisce Adriatica sul fianco e la fa inclinare, tirando su entrambe le ancore, la principale che era stata filata all'arrivo e la secondaria. La poppa era trattenuta da una lunga cima attaccata a una roccia. La barca offriva, quindi, la fiancata intera al vento. La posizione era ideale per il vento che avevamo avuto durante la notte precedente. Ma ora era un altro paio di maniche.


(*) Terzo quadrante: i venti compresi tra sud e ovest. La rosa dei venti é divisa in 4 quadranti. 1° da Nord a Est, 2° da est a Sud, 3° da sud a Ovest e 4° da ovest a nord. nda


Mi rendevo conto che eravamo in una posizione pericolosa. E' annunciata una notte con raffiche fino a 50 nodi e se la cima che trattiene la poppa molla, in pochi secondi Adriatica sarebbe condannata, con chiglia e timone strisciando sulle rocce che sono solo a 15 metri sottovento e la fiancata che si sarebbe trafitta contro le rocce scoscese della cala. Dovevamo dar fondo di nuovo a entrambe le ancore. Damiano e Marco in acqua, sul gommone, gli altri alla manovra a prua. Ho acceso il motore, fatto mollare le cime di poppa che i ragazzi hanno legato a un parabordo in attesa di essere riutilizzate dopo il nuovo ancoraggio. Recuperata l'ancora principale con il verricello e Martin che gestisce la cima della seconda, affinché non finisca sotto la barca e si infili nell'elica condannandoci a un disastro certo. Ecco la storia. "Ancora a bordo!" mi annuncia Ric nel VHF portatile che usiamo nelle comunicazioni prua/poppa. Provo a fare un giro. Chiedo a Martin di mollare ai ragazzi sul gommone anche la cima della seconda ancora per essere libero di manovrare.


C'è troppo fondo... 40 metri a poca distanza dalla spiaggia... Non ho margine di manovra e il vento spinge inesorabilmente Adriatica contro le rocce. Provo a pensare ad una alternativa. A come fare questa manovra che non si può sbagliare. Se l'ancora filata non agguanta sul fondale non riuscirei a venirne fuori. Ci penso un attimo. Ragiono sulle opzioni. Trattengo Adriatica con la poppa al vento, che é la maniera più facile di conservare la posizione quando c'é vento forte. Infatti é la prua delle barche che abbatte sotto le raffiche, offrendo maggior presa al vento. Ma la corrente mi crea delle difficoltà. 'Non ho alternative', penso. Da qui dobbiamo andarcene e al più presto. "Ric, recuperiamo anche la seconda ancora" annuncio nella radio "prepara la manovra a prua". poi grido a Damiano e Marco: "Recuperate le cime a terra, ce ne andiamo!". Mi avvicino con la prua al gommone per recuperare a bordo la grossa cima nera di 40 metri a cui sono attaccati 12 metri di catena e un'ancora da 50 chili.

I ragazzi sul gommone si ingegnano a recuperare le cime più velocemente possibile, combattendo con il vento che li spinge sulle rocce, il kelp che si avvinghia a tutto e la risacca che non facilita le manovre a terra. La seconda ancora sale mano a mano. La catena é già a bordo. Il tempo passa e non so esattamente cosa fare. Ma dobbiamo uscire da questa trappola prima che faccia buio. Al limite navigheremo nella burrasca ma qui siamo davvero nel casino. Sono già le 19:00. Ho meno di un'ora di luce. Damiano e Marco salgono a bordo, anzi... ci si gettano. Il gommone é issato mentre dò una forte retromarcia a meno di 5 metri dal kelp. Se si attorciglia all'elica é finita. "Ok" dico "Andiamo fuori di qui. Ric, trovami un'alternativa, se c'é." Dò macchina avanti a 1800 giri sperando che non mi molli proprio ora. Va!, Sta andando bene. Controllo le pressioni: OK. Le temperature: OK. Usciamo dalla bocca angusta di Puerto Hoppner e l'onda lunga dell'oceano ci accoglie in tutta la sua potenza. Adriatica si impenna e la corrente la fa derivare verso l'isolotto del centro. Forzo ancora un po' e finalmente lo vedo scorrere di lato. 'Ragazzi, per un pelo!'.

 

Ricardo esce e mi da come unica alternativa una baia al fondo di un fiordo a 6 miglia di distanza. C'é una boa dell'Armada Argentina e una base con un avamposto abitato da alcuni militari. Non abbiamo alternativa. Qui fuori si sta per scatenare l'inferno. Percorro di corsa il miglio che mi separa dall'entrata del fiordo e mi ci infilo di getto. Il vento rafficato cerca di spingerci fuori, ma pian piano riusciamo a infilarci tra la parete a picco dove l'onda colpisce e spumeggia a sinistra e lo scoglio semisommerso a dritta, accuminato come un pezzo di metallo rotto. Due miglia rotta 170 gradi e entriamo in una angostura, uno stretto, che fortunatamente ha due luci di allineamento. Il passaggio é difficile. Di lato di sono un paio di bassifondi a pelo d'acqua e del kelp, sempre lui. Passiamo su un fondo di solo 8 metri. In un fiordo dove fino a pochi secondi prima c'erano più di 100 metri, fa una certa impressione. Poi siamo nuovamente liberi. Acqua a prua. La boa la vedo prima sul radar che dal vero.

Dritta nella direzione della luce della base militare. 200 metri, 100 metri. 3 cime pronte a prua, una per ogni lato e una di sicurezza. Con questo attracco deve staccarsi la boa dal fondo perché ci succeda qualcosa. Gommone in acqua ancora una volta. Piove, é quasi buio. Accendo la luce delle crocette. Mi avvicino il più possibile. Le raffiche mi fanno scadere di lato. Damiano e Martin preparano i cavi e le agganciano alla grossa boa cilindrica di metallo. Martin ci sale sopra, tanto é grande. Pochi minuti e tutto é finito. Siamo ormeggiati. Ricardo ringrazia quelli della base militare che ci chiedono se tutto va bene. Ci invitano domani a scendere a terra. 10 litri di cioccolata per noi! Poveri tipi, non devono vedere molta gente qui!

Mi rilasso un po'. Un the. Una fetta di torta di mele. I ragazzi rientrano e gli organizzo una doccia calda.
Anche questa é fatta. Ma quanto é lontano il Brasile?

E fuori soffia duro... tanto per cambiare.


Filippo Mennuni

Skipper di Adriatica

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