Il sito navigabile dei Velisti per Caso!
twitter facebook friendfeed flickr youtube scrivi a

velisti tv

> newsletter

> cerca

> credits

iscriviti alla
newsletter


cerca nel sito

Partire o non partire? Partiamo!

1 April 2007 ore 18:00

Posizione: 55°48',3S - 061°22',10W. Oceano Atlantico del Sud. Ore 22:30 LT.
Vento da Ovest 5 nodi. Pressione 1017,3 Mb, stazionaria alta, Sereno, anzi... serenissimo!


La carta meteo del 31 marzo, arrivata fresca fresca per la colazione, disegna un piccolo cuneo anticiclonico che si infila tra 2 forti depressioni. Se va bene 18 ore di relativa calma - si parla di 25 nodi di vento invece dei 40 o 45 nodi 'normali'. Cincischio un po'. Penso al da farsi davanti alla tazza fumante del caffé della mattina. Gli altri dormono ancora. O meglio, sono ancora nelle loro cuccette, ma so che sono svegli e ascoltano i miei movimenti cercando di intuire che decisione prenderò. Partire o non partire? Approfittiamo di questa situazione, comunque a rischio, o ce ne stiamo ancora qui tranquilli (si fa per dire!) attraccati a questa boa militare nell'attesa di una calma che potrebbe tardare ancora giorni? Sono piuttosto indeciso. Lo studio delle precedenti situazioni simili mi insegna che il più delle volte queste calme pronosticate non durano più di 10 o 12 ore e poi la burrasca riprende al più forte, dando il meglio di sé. Le nuvole viaggiano ancora veloci, scavalcando le creste di Puerto Parry da ovest a est e stracciandosi contro le cime più accuminate.


Turbini d'aria scendono nel fiordo sollevando mulinelli e piccole trombe marine che fanno spumeggiare l'acqua e la schiantano contro le fiancate rosse di Adriatica, che si inclina e tira sull'ormeggio. Aspetto ancora un po'. Metto su il thè per gli altri. Un'ora dopo ho deciso: si parte. "Prepariamo la barca per una traversata dura!" annuncio simulando fermezza e tranquillità ai ragazzi che sono ormai intorno alla tavola della dinette, "tutto quello che può cadere all'interno dev'essere chiuso. Gli armadietti serrati. In coperta solo l'indispensabile e tutto rizzato con doppia cima. Damiano e Marco? Controllate il tender. Riccardo e Andrea, tirate fuori la tormentina e verificate i garrocci. Ferdy, un giro di scotch forte intorno a tutti gli oblò. Martin, controlla tutti i nodi delle scotte. Partenza tra un'ora."

Ric chiama i ragazzi della base militare via radio per annunciare che oggi non saremo da loro per il mate. Partiamo... Sì, partiamo... Alle 10 sfiliamo l'ultima cima passata a doppino intorno all'anello della boa e dò marcia avanti, contro le raffiche da nord. Suono tre volte la tromba per salutare la Base e l'Isola. Come se fosse ormai un'amica che possa ascoltarci, invece che un intrico di rocce dure sferzate dall'Oceano Antartico.

 

Passiamo la prima strettoia e entriamo nella rada più grande, verso l'uscita. La corrente contro è abbastanza forte, ma si gestisce. Il Volvo fa il suo dovere. A un centinaio di metri dall'imboccatura l'onda lunga dell'oceano si fa già sentire. Adriatica solleva il muso e spruzza due baffi schiumosi a dritta e a sinistra. I ragazzi sono tesi. L'orizzonte é mosso, anche se meno degli scorsi giorni e il mare non frange. Siamo fuori. "Su la randa con due mani e la trinchetta. Pronta la terza a bisogno. Tormentina in pozzetto!" ordino. Tutti si attivano, in silenzio.

Timono con prua a 340°, cercando di leggere il cielo e il mare. Correggo di 5° a sinistra perché la corrente mi fa derivare sottovento, verso delle rocce pericolose. Su le vele, iniziamo il ballo. L'onda é ancora abbastanza bassa. Direi non più di due metri e lunga. Il vento sui 25 nodi. A volte meno, da WSW. Spero che duri per il tempo necessario che ci serve ad arrivare al nord della zona di passaggio delle forti perturbazioni. La barca a posto, iniziamo i turni di guardia. Turni di 2 ore, perché il timome é faticoso e il pilota non ce la fa a sopportare i colpi inferti dalle onde quando passano sotto lo scafo.

'E' solo questione di tempo', mi dico. Piano piano, miglio dopo miglio, ogni minuto navigato verso nord é un minuto in meno nel cattivo tempo. Dai che ce la facciamo. Verso le 16:00 il vento rinforza e gira diretto da ovest. Per noi é bolina secca. Tendo a dirigermi verso la costa del Sud America, per evitare il fetch creato dalla lunga distanza a disposizione del vento che fa crescere le onde e per non derivare troppo al largo. Ora siamo a circa 50 miglia dalla costa della Terra del Fuoco. Il punto cruciale è il passaggio davanti allo Stretto di Magellano, dove la corrente contraria al vento che viene sparato fuori dallo stretto come un cannone fa impennare le onde. Il portolano parla chiaro: "in condizioni di vento forte contro la corrente evitare assolutamente la navigazione in queste acque. Sono state misurate onde ripide di oltre 10 metri che possono mettere KO ogni barca da diporto, anche di grandi dimensioni..." 

E il vento soffia sempre un po' più forte. Ogni ora guadagna un paio di nodi. E l'onda aumenta di altezza. Adriatica ci si arrampica agevolmente. Sale sul pendio sottovento e poi, colpetto al timone, scende sul pendio opposto. Si inclina un po' di più quando é sulla cresta e la raffica colpisce in pieno tutta la velatura.

 

Dentro, chi non é di guadia é in cuccetta. Sballottati e trattenuti solo dai teli antirollio, stasera nessuno a fame. Si sta lì, cercando di dormire, ma in realtà si riesce solo ad ascoltare il sibilo grave del vento tra le sartie e il rumore degli scrosci d'acqua sulla coperta. Ognuno immagina il frangente che ha appena scavalcato la fiancata e si sta abbattendo sul timoniere. Il suo compagno prova a ripararsi, ma l'oda centra anche lui. Ciascuno di quelli sottocoperta vede la scena, che anticipa la propria situazione di qualche ora dopo. Cinture di sicurezza obbligatorie. Tre persone di turno alla volta per potere manovrare questa barca dove il timoniere non può fare altro che timonare, delegando le regolazioni ai sui compagni. Sono adagiato in salone, ascolto. Non mi tolgo la cerata, pronto a uscire. So già che non avrei il tempo di vestirmi in caso di problema. Dagli oblò, sebbene chiusi a tappo e ricoperti da una doppia striscia di nastro adesivo stagno, inizia a filtrare acqua di mare. La pressione é enorme. Alla fine due oblò saranno quasi aperti dalla forza del mare.

Le 2 del mattino. E' il mio turno. Calzamaglia, tuta, salopette di pile, pantalone della cerata, maglietta, pile, dolcevita, collare di pile, giacca termica e giacca della cerata; un cappello di lana, un cappuccio anti acqua e il cappuccio della cerata. Stivali. Guanti... Esco. Caccio la testa fuori dall'oblò e vedo Damiano che lotta con la ruota del timone che cerca di sfuggirgli dalle mani. Ha gli occhi grandi, Damiano, illuminati dalla luce del plotter. Troppo grandi. Marco gli é dietro, attaccato a due mani per non farsi portare via dal vento e dai movimenti inconsulti della barca. Mi sporgo fuori dalla capottina... una spinta inaudita mi butta in pozzetto. Mi sbilancio, cado. Devo gattonare per guadagnare la poppa. "Saranno almeno 40 nodi", penso... Prendo il timone e mando i ragazzi a scaldarsi e riposarsi. Non ci posso credere! Non si riesce a tenere il timone in mano. 45 nodi fissi. I colpi delle onde sotto lo scafo sono fortissimi. Damiano mi dice che é gestibile, ma si fa fatica. "Abbiamo attraversato un paio di muri!... saranno stai sui sei metri, ripidi... speriamo non diventino più alti, sennò...!" mi grida mentre si stacca la cintura.

E' il primo aprile 2007. 'Un bel pesce d'aprile', penso.

Ci siamo, in piena burrasca. 5, 6 o 7 metri? Che importa l'altezza di queste onde. Tanto non possiamo tornare indietro. Ci sfracelleremmo contro la scogliera cercando il piccolo ingresso del canale. Se mi metto in poppa, scappando il mare, la prossima terra sarà la Nuova Zelanda. Dobbiamo resistere almeno per 100 miglia. Poi, alla peggio, mi lascerò derivare sulle Malvine. Continua così per 24 ore. Le onde crescono. Il vento rinforza. I dubbi aumentano. Penso ai ragazzi che sono a bordo con me. Al loro diritto di continuare a vivere nonostante questa tempesta. Penso che dopo tutto, poteva essere peggio. Per ora Adriatica riesce ancora a sopportare le esplosioni di acqua che la scuotono come se una titanica mazza di ferro le fosse scagliata addosso, sul fianco, da un gigante. Penso che ne ho passate altre... passerà anche questa. E' solo questione di tempo...tempo... E il tempo passa. Lento. Onda dopo onda. Migliaia di onde. Muri neri. Adriatica tiene. 

Adriatica ha tenuto.

 

Il mare si abbassa mano a mano. Il vento gira un po' a sud ovest. Siamo ormai sul limite settentrionale della forte depressione. Ora si riesce a timonare un po' più a lungo. Faccio l'inventario delle avarie: un paio di oblò non tengono più, uno dei salvagenti con la boetta é stato rubato da un'onda traditrice che ci ha colpiti alle spalle, uno strappo nella capottina, la chiusura del tambuccio é esplosa, le luci di via a prua sono fuori servizio e il mare ha piegato la forte struttura in inox del pulpito, le casse nere sono inusabili e la barca puzza come una cloaca. C'è acqua dovunque, salata, appiccicosa. Poche cose sono rimaste al loro posto. Il computer é caduto e si é aperto in due. Più tardi, con un po di calma, riuscirò a sistemarlo e ora funziona. C'é olio in sala macchine. Il vang ha sofferto. Alla fine un piccolo tributo. Avrebbe potuto essere molto più pesante. Il dio dei marinai continua a proteggere questa barca, o il suo equipaggio!


Filippo Mennuni

Skipper di Adriatica

Inserisci commento

Inserisci il codice

riportato qui a fianco

Questo website utilizza i cookie per migliorare la vostra esperienza d'uso. Proseguendo la navigazione date implicitamente il consenso all'uso dei cookie. close [ informazioni ]