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Torniamo a Piriapolis in cantiere

9 February 2014 ore 10:00

di Filippo Mennuni.

 

Nonostante l'impegno profuso nella preparazione di Adriatica a volte succede che le barche nascondano dei problemi difficili da scovare, anche agli occhi più attenti. Oppure accade un imprevisto che cambia completamente le regole del gioco e costringe a rivedere i propri piani di viaggio.

Nel nostro caso si sono sovrapposti due accadimenti che hanno costretto l'organizzazione a ritardare le date del viaggio fino a giungere a una data troppo avanzata per proseguire in sicurezza la navigazione.

Ad un certo punto i bagni hanno iniziato a dare dei problemi e per quanto si smontassero pompe e circuiti non si riusciva a risolvere il problema del cattivo odore in barca. Finalmente, non avendo altra alternativa, arrivati a Mar del Plata, ho deciso di aprire le casse di accumulo delle acque nere. Adriatica, rispettosa delle normative internazionali, non scarica direttamente in mare. Questo permette di trattenere le sostanze dannose per la natura in serbatoi dedicati che si scaricano poi in alto mare per evitare di inquinare i porti e le spiagge quando si è vicini a terra.

Inaspettatamente in queste casse una parte dell'acciaio delle pareti si è corroso e ha perforato due dei serbatoi del gasolio confinanti, contaminando il carburante. Questa corrosione ci è sembrata eccessiva, soprattutto rispetto al fatto che davanti a noi ci sono due anni di navigazioni senza la possibilità di alarci a terra. Il criterio di sicurezza adottato dell'organizzazione ha imposto uno stop per riparare e ricostruire questo serbatoio e per ispezionare il resto dello scafo. L'unico porto dove Adriatica può essere messa a terra è Piriapolis, in Uruguay. Questo porto, dove siamo già stati per ripararci dalla burrasca di inizio anno, ha già preparato la struttura per noi che siamo, in questa zona del pianeta, una delle barche a vela più grandi in navigazione.

Per una coincidenza che io definisco fortunata, sì perché se fosse successo dopo sarebbe stato molto pericoloso e difficile da risolvere, anche il sistema di aspirazione dell'acqua di mare del motore ha deciso di bloccarsi. Un sifone che contiene una piccola valvola di ritenzione non ha fatto il suo lavoro e diversi litri di acqua di mare sono rientrati nel motore attraverso il turbo, inondando i pistoni. Ci siamo accorti immediatamente che qualcosa non andava e non abbiamo insistito nel cercare di accendere a tutti i costi il nostro Volvo. Ma capire da dove questa acqua fosse entrata ci è costato parecchio tempo e prove successive: scambiatori, scappamento, pompe... Solo dopo parecchi giorni, un articolo pubblicato dalla casa costruttrice tempo fa, ci ha messo sulla buona strada e da lì una chiamata al meccanico di Monfalcone che aveva installato il motore alcuni anni fa, ci ha dato la giusta indicazione. Purtroppo avevamo già smontato e rimontato più volte varie parti e questo ci ha preso quasi due settimane. Ne abbiamo approfittato per verificare altri componenti e per ritarare gli iniettori, che nel frattempo avevano sofferto per il gasolio di cattiva qualità imbarcato in Brasile e contaminato dalle acque nere.

 

Alla fine di tutto questo gran lavoro febbraio è già inoltrato. Per quanto velocemente possiamo dirigere su Piriapolis e ricostruire il serbatoio rovinato Adriatica non potrà essere pronta prima di fine febbraio; troppo tardi per spingersi verso sud, dove ai primi di marzo si passa già nell'autunno australe. Notti sempre più lunghe, freddo, neve, burrasche continue, meno possibilità di rifornimenti. Tempi che si allungano e soste imprevedibili in attesa di una meteo per lo meno accessibile.

Questi i fattori che mi hanno spinto a consigliare l'organizzazione e gli armatori di valutare uno stop di qualche mese e la realizzazione di un programma alternativo in attesa della prossima primavera, in ottobre.

Arrivare a Puerto Montt in queste condizioni significa da due a tre mesi di navigazione difficilissima. Il ritardo accumulato si riperquoterebbe su tutte le altre tratte del giro del mondo, costringendo Adriatica a navigare durante le pericolose stagioni dei cicloni o a correre in modo inutile, saltando tappe, isole, paesi. Una corsa in oceano senza alcuno scopo se non navigare, navigare, navigare...

Tra qualche giorno ci sarà l'assemblea dei soci di Pigafetta 500. Non so quali saranno le decisioni che verranno prese rispetto al futuro di questo viaggio. Quello che mi auguro è che prosegua e si trovi il modo di posticipare la partecipazione dei soci che hanno già prenotato e, soprattutto, di quelli che hanno sofferto sulla loro pelle le conseguenze dei ritardi. Da bordo abbiamo avvisato immediatamente e costantemente dell'evoluzione della situazione tecnica. Posso affermare con sicurezza che il susseguirsi degli eventi a bordo (mi riferisco ad altri guasti e problemi che ci avevano parzialmente ritardato) non spingevano a una sospensione del viaggio, ma solo alla gestione di un ritardo.

Andar per mare è sempre un'avventura. Abbiamo a che fare con la Natura che ha regole che sovrastano la nostra volontà e i nostri desideri. Le regole del gioco non le scriviamo noi, ma solamente ci adattiamo, chiedendo il permesso di essere accettati, sopportati, tollerati da qualcosa che é più grande di noi.

E' un altro mondo, quello dell'acqua. Non è il nostro.

 

Filippo Mennuni

Comandante di Adriatica per le tappe australi

Adriatica SY 

IQ4436

Commenti

Non è un discorso che vale solo per il mare. Vale in tutte quelle situazioni in cui ci si confronta con la natura, che è sempre più forte dell'essere umano.
Se non fosse così,(se avessimo dominati questi elementi) l'andare per mare o in montagna non avrebbe alcun senso, come andare in autostrada.L'aspetto economico e commerciale, spesso mette in discussione il rispetto verso tutto ciò.
Franco

inserito da Franco il 17/02/2014 alle 10:41

Semplice: il futuro non è conoscibile prima del tempo e soprattutto si rivela sempre diverso da quello programmato. tutto qui. auguri.
gabriele sedioli

inserito da gabrielesedioli il 21/02/2014 alle 23:19

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