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Un tank per Las Porqueras

27 September 2006 ore 18:00

Buongiorno velisti,

possiamo affermare con orgoglio che Adriatica non si ferma neanche davanti ai maestosi picchi andini. Mentre il suo scafo riposava nelle acque calde di La Guaira, la sua anima, supportata dal mio occhio elettronico, volava fino a Merida (Venezuela), 1600mt di altitudine, per poi continuare a salire fino a quota 2700mt in una località dimenticata dalle carte geografiche ma ricca di vita e speranza, Las-Porqueras.

Mi trovo su un bimotore ad elica che sta passando velocemente dentro enormi banchi di bianche e dense nuvole; ogni tanto riesco a scorgere un paesaggio completamente diverso da quello che i miei occhi hanno visto per quattro mesi, montagne verdissime si sovrappongono a picchi innevati che sfiorano il cielo, l'ennesimo spettacolo creato dalla natura. Nella mia mente si alternano forti emozioni a malinconici ricordi, sono consapevole che al mio ritorno non rivedrò lo scafo rosso diventato ormai come una casa sicura, perché il mio viaggio terminerà a Roma questa volta. Nello stesso tempo sono orgoglioso di chiudere questa avventura andando a visitare un'altro progetto Telefood, completamente legato all'acqua:.si tratta di un "tank australiano", un semplice bacino di raccolta dell'acqua, tanto semplice quanto indispensabile per ben nove famiglie di agricoltori che vivono ai confini della società nel rispetto di una terra ostile e inospitale.

 

Ad attendermi all'aeroporto un responsabile della FAO e la sua guida, Andrea Monaco e Angel, sono loro i miei compagni di viaggio questa volta, un ragazzo giovanissimo ma di grande diplomazia ed esperienza con il suo driver sicuro e sorridente. Giusto il tempo di presentarci e chiudere la serata davanti ad una gustosa parrilia di carne per fare il punto della situazione, domani ci aspetta una lunga e intensa giornata. Ci troviamo subito d'accordo su una cosa "largo ai giovani!".

Sono le 6 di mattina, ha smesso di piovere e l'alba illumina leggermente i picchi più alti, sono bianchi nonostante la temperatura sia alta, ma siamo all'equatore tutto è possibile. Noi tre siamo pronti e carichi di entusiasmo e dopo una ricca colazione andina partiamo verso Las-Porqueras. La jeep della FAO si inerpica per quasi tre ore su tornanti che circondano un paesaggio da "signore degli anelli" picchi vertiginosi che nascono da verdi vallate sconfinate, qualche casa-rifugio qua e là, ma regna la pace e il silenzio. Metto subito alla prova la pazienza di Andrea con una intervista in macchina, oltre a parlarmi dei progetti e dei loro beneficiari, si dimostra subito un bravo speaker pieno di forza e volontà, capisco subito che crede nel suo lavoro.

 

Mentre ci avviciniamo sempre di più alle vette, finisce la strada di cemento e inizia una salita non solo ripida, ma fatta di grosse pietre e fango. Angel con la sua calma venezuelana prende in giro Andrea, scettico sulla riuscita dell'impresa nel salire con la jeep, ma Angel ha i "baffi gialli" e ci fa arrivare davanti ad una casa di fango sul tetto del Venezuela. Ci accolgono con la timidezza di chi vive fuori dai ritmi della società e l'orgoglio di chi sa quant'è faticoso vivere lassù lavorando una terra dura come la montagna.

sono i rappresentanti delle nove famiglie che hanno beneficiato del progetto,voluto e proposto da loro stessi e saputo fruttare e mantenere con intelligenza e organizzazione. Mentre continuare a salire a piedi è l'unica cosa certa, gli agricoltori iniziano a spiegarci com'è cambiato il loro modo di coltivare non dovendo più aspettare il periodo delle piogge (solo 6 mesi), ma potendo usufruire tutto l'anno di acqua. Com'è cambiata la scelta del prodotto coltivato, patate e carote, più ricche, nutrienti e con maggior guadagno nelle vendite.

 

Nove famiglie che si dividono la settimana attraverso l'utilizzo dell'irrigazione, del controllo e della manutenzione del tank. Ogni giorno la responsabilità e il dono dell'acqua viene gestito da una famiglia, così da farla diventare un'unica comunità con lo stesso scopo, salvaguardare e proteggere il loro posto la loro casa i loro campi, la loro esistenza. L'emozione nel vedere un enorme piscina d'acqua cristallina sul tetto del mondo viene spezzata solamente dal fiatone causato dall'altezza, siamo a 3300mt, sotto di noi mosaici verdi e marroni dei campi coltivati. I beneficiari ci guardano divertiti e perplessi quando con Andrea iniziamo ad spiegare davanti all'obbiettivo dove ci troviamo e vi lascio immaginare quando sono loro a dover raccontare la storia del "tank".

Andrea fa da traduttore e incalza con grande professionalità il ruolo dello speaker mentre io inizio con le mie domande e curiosità. La soddisfazione nel sentire i loro progressi e le migliorie, apportate nelle loro vite grazie ad un banale (per noi) bacino di raccolta fatto di lamiera, è immensa e ancora di più sapere che qui la beneficenza è arrivata a destinazione, aiutando a rendere meno arduo il compito di sopravvivere senza costringere queste persone ad abbandonare le loro terre per ritrovarsi in una grossa città che non appartiene alle loro origini.

 

Riscendiamo attraverso i campi da seminare, sembra un film, Andrea davanti con un capo famiglia, gli altri in fila con i loro maceti e i grossi stivali nel fango, io a chiudere la fila cercando di rubare qualche dettaglio, catturando i loro passi in una strada di fango sul tetto del Venezuela. Fanno da cornice mucche libere nel pascolo, l'aratro trainato da i buoi, l'abbaiare dei cani e i volti marrone bruciato dei braccianti che seminano, più su nel silenzio posso sentire gli irrigatori in funzione grazie alla gravità dell'acqua che diventa pressione, energia e speranza. La giornata è stata ricca di emozioni, riflessioni e soddisfazioni. Tornando alla casa di partenza, troviamo i figli con le mamme che ci attendono con un brodo bollente di pollo, carne e tapioca "quando non si ha nulla è normale offrire quel che si ha". Io ne approfitto per fare due scatti con l'amata macchina fotografica usata dal comandante. Fotografo i bambini per poi farle rivedere alle mamme che rimangono stupite, dietro di loro cani, maiali, asini e galline scorrazzano liberi nei prati,che posto! Tornare indietro nel tempo così volentieri non capita spesso ed insieme ad Andrea senza aprire bocca, salutando le famiglie andine, vediamo nei nostri occhi orgoglio e soddisfazione per il nostro piccolo e inesistente contributo.

 

Torniamo verso Merida distrutti ma pronti a ricominciare subito se ce ne fosse il bisogno, tutti e tre convinti di aver dato un senso maggiore al nostro lavoro. Ci salutiamo la sera stessa con grande stima e amicizia "bel lavoro"... bisognerebbe farle più spesso queste esperienze, bisognerebbe verificare e stare sempre in prima linea. La mattina seguente, mentre Andrea tornava nella comunità con un responsabile per la nutrizione ad apportare altro aiuto, io volavo verso Caracas e poi Roma.

 

Grazie a tutti i "tubisti" velisti per caso, alla rossa Adriatica, all'eccezionale equipaggio dove ogni parola è superflua, agli organizzatori di questo viaggio di beneficenza e solidarietà, alla FAO e a giovani come Andrea Monaco, alla banda per caso, agli sponsor e a tutti quelli che hanno creduto e voluto cavalcare sull'onda di un sogno.

P.S. (in romano) grazie a Federico che mi ha "costretto" a non mollare mai

grazie a Damiano che non molla mai

grazie ad Elisabeth che non mollerà

 

Flavio

Operatore di Adriatica

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