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La Thailandia vista da Francesca

Ovvero Francesca Natoli, velista e... velaia

Da Phuket verso sud-est

Ecco dove vale la pena fermarsi lungo questa rotta

Chi è Stormvogel

Un famoso ketch del 1961

La Regata del Re (King's Cup)

La regata più bella del mondo

Un po' di storia con Conrad

A Bangkok, al bar Oriental...

Usi e costumi thailandesi

"The thing that costs the least and does the most is a pleasant smile"

La Thailandia vista da Francesca

Maria Francesca (Chica) Natoli, velista per scelta e regatante per lavoro, ha buttato "al vento" la sua laurea in Economia per vivere di mare e sul mare. Dopo tanti anni di navigazioni in Mediterraneo e sugli Oceani, ha toccato terra e deciso di vivere a Palermo e lanciare, con Francesco Valenza suo marito, la veleria Doyle Italia. Per la Doyle Italia ha seguito vari progetti di ricerca e brevetti e si occupa delle public relations. Giornalista, ha seguito 3 campagne di Coppa America e scrive per alcune importanti testate di nautica.

 

Ciccio (Francesco Valenza) e Chica hanno conosciuto Patrizio al  Salone di Genova, l'anno in cui Adriatica si preparava a partire per il suo primo giro del mondo e la scintilla della simpatia e della comunicazione è scoccata immediata e naturale. Da allora Ciccio ha progettato e costruito le vele di Adriatica. In seguito hanno conosciuto anche Martino Ragusa e scoperto la comune passione per ricette e buona cucina.

 

La parola a Maria Francesca Natoli

 

Ciao a tutti i Velisti per Caso,

ringrazio Patrizio per avermi telefonato e dato la possibilità di raccontare perché amo tanto la Tailandia e tutte le grandi-piccole isole che la circondano. Inseguendo la mia passione per la vela ho “solcato” tutti e tre gli oceani, sempre nella fascia tropicale, per godere del clima piacevole e dei venti portanti, ma solo nel Mar delle Andamane ho deciso di tornare tante volte, a navigare con il monsone asciutto o con quello bagnato, a seconda dei periodi in cui potevo liberarmi dal lavoro. Per me l’Estremo Oriente è stata una scoperta meravigliosa e la Tailandia l’unico posto della terra dove ho pensato di andare a vivere, lasciando la mia adorata Sicilia. Con questo non dico che l’Atlantico e il Pacifico non sono Oceani da conoscere, né che i Caraibi o la Polinesia non sono interessanti e ricchi di stimoli per il viaggiatore-turista-velista per caso. Ma... solo in Tailandia ho trovato il mix esplosivo tra la bellezza della natura, una cultura millenaria e un popolo così dolce, fiero, amichevole e facile da comprendere, se ci si ferma a conoscerli.

 

Ho navigato e scoperto le isole Andamane, le Nicobare, le Mergui in Birmania, il Golfo di Malacca, Phuket e tante belle isole tailandesi, Penang (né tailandese, né malese, perché abitata soprattutto da discendenti dei cinesi), la Malesia, Singapore, il Borneo. Complice e perfetto alleato per fare tante miglia è stato il mitico ketch Stormvogel, che per venti anni ha fatto base a Phuket e che ci ha accolto per tante meravigliose crociere e regate in giro per quei mari. Prendo in prestito alcune parole di Simone Perotti: “Si naviga anche da fermi. Chiunque abbia viaggiato lo sa. Le soste fanno parte del movimento e viceversa, e non è solo un grazioso paradosso”, per mandare a Simone uno speciale “in bocca al lupo”: che i venti e gli dei del mare ti siano favorevoli, in modo che nel tuo itinerario dall’Italia alla Tailandia tu abbia il tempo di divagare un po’ più a nord o un po’ più a sud, e visitare isole e coste lungo la tua rotta.

 

Le Andamane, per esempio, sono una bellissima sosta: appartengono all’India, anche se geograficamente sono molto più vicine alla Tailandia. Aperte al turismo da pochi anni e non ancora organizzate, sono da vedere prima dell’invasione del turismo, che potrebbe rovinare l’atmosfera incantata e la curiosità dei pesci che, non avendo mai visto un sub con le bombole, venivano a branchi a darci il benvenuto sott’acqua. Circa 8 anni fa, ottenuto un rarissimo visto di navigazione, nel mese di gennaio abbiamo veleggiato da Port Blair (la capitale) verso sud, fino alla meravigliosa isola “Cinque”. A bordo di Stormvogel c’era a quel tempo un equipaggio composto dal comandante Graeme Lawrence (inglese) e tre collaudatissimi tailandesi: Cha il cuoco, Narette il marinaio e Pat, l’istruttrice sub. Tra gli ospiti, oltre me e Ciccio (Francesco Valenza, mio marito) il fotografo Marco Casiraghi che tanto ha pubblicato sugli itinerari di Stormvogel in Oriente.

 

Le Nicobare le abbiamo viste un po’ da lontano, sono “off limits” per motivi militari e su alcune isolette sono confinati i pochi pigmei sopravvissuti ad una politica indiana di “protezione della popolazione” che invece nasconde la voglia di isolarli e farli lentamente scomparire, come tutte le minoranze scomode. Abbiamo cercato di incontrarli, ancorando davanti alle loro spiagge, ma non si sono visti, né con doni, né con frecce, né in pace né in atteggiamenti ostili verso di noi.

 

Altra crociera interessante, sempre con Marco Casiraghi e con Simona, Alessandra e Maurizio, amici velisti siciliani, ci ha portato sette anni fa alle Mergui in Birmania, partendo da Phuket. Sulla Birmania e sulla dittatura dei generali è inutile spendere parole, i giornali ci informano e rattristano abbastanza. Le Mergui, un arcipelago inesplorato di 600 isole, sono così lontane dalla capitale e così isolate da non risentire del clima politico e della repressione. Noi siamo andati alla ricerca dei Mokens, nomadi del mare che abitano le Mergui, spostandosi a remi tra le isole sulle barche-casa, vivendo di pesca. Timidissimi ed in via di estinzione, incredibilmente ospitali e generosi nei nostri confronti. Avvicinandoli senza invadenza ma con gentilezza ci hanno sempre offerto il poco che avevano, il baratto è ancora un uso comune. Pochi anni fa era ancora necessario ottenere permessi di navigazione e in alcune isole è vietato lo sbarco ma le difficoltà sono ampiamente ripagate dal privilegio di visitare un mondo inesplorato e fermo nel tempo. In due settimane di navigazione non abbiamo mai incontrato altre barche, solo pescatori birmani molto amichevoli e curiosi.

 

 

Commenti


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